IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza, sulla  richiesta  di  riesame
 formulata  nell'interesse di Canova Renzo avverso l'ordinanza del gip
 presso il tribunale di Genova, in data 6 ottobre 1997, con  la  quale
 e'  stato  disposto  il  sequestro conservativo sui beni immobili del
 predetto indagato (appartamento sito in Bologna, Via delle Tofane  48
 con annesso box e autorimessa);
   Premesso:
     che  l'odierno istante (unitamente a Giacomini Mario e a Offidani
 Stefano) e' imputato nel medesimo procedimento in ordine al reato  di
 cui  agli  artt.  61 n. 7, 110, 640 c.p. per avere, in concorso con i
 predetti, nell'ambito delle trattative per  l'acquisto  da  parte  di
 societa'  amministrate  dalla  parte  lesa Scarabicchi Umberto, delle
 quote della societa' RETEL Srl, posto in essere  artifici  e  raggiri
 consistiti  nell'assicurare al predetto che determinati finanziamenti
 bancari sarebbero stati prontamente pagati alla scadenza dal debitore
 principale e che, pertanto, l'assunzione di una serie di obbligazioni
 in  garanzia  non  avrebbe  comportato  sostanziali  rischi  per   il
 fideiussore  (mentre  i finanziamenti erano gia' stati revocati dagli
 istituti bancari a causa di gravi irregolarita'),  inducendolo  cosi'
 ad  acquistare,  nella  sua  qualita'  di legale rappresentante della
 IN.GEN. Srl, per il prezzo di settecento milioni di lire la totalita'
 delle quote della RETEL Srl, nonche' a sottoscrivere fideiussioni con
 le quali si garantiva il pagamento dei debiti assunti  dalla  TELENIT
 (societa' in cui partecipava la RETEL) verso la Cassa di Risparmio di
 Ferrara  fino  all'ammontare  di  un  miliardo e mezzo di lire (cosi'
 liberando  gli  originari  garanti  tra  i  quali  l'Offidani),  e  a
 rilasciare al Canova un assegno bancario dell'importo di un  miliardo
 di   lire   quale  garanzia  del  pagamento  da  parte  dello  stesso
 Scarabicchi di eventuali  debiti  maturati  dalla  TELENIT  verso  il
 Credito   Romagnolo   in   relazione   a   finanziamenti  erogati  da
 quest'ultimo, in Bologna e Ferrara tra la fine di luglio  e  l'inizio
 di  agosto  del 1991; il solo Canova e' inoltre indagato in ordine al
 reato di cui agli artt. 61 n. 2  e  629  c.p.  perche',  al  fine  di
 assicurare  a  se'  e all'Offidani (genero del predetto), il profitto
 del reato di truffa, minacciando lo Scarabicchi di porre  all'incasso
 il  citato  assegno  bancario  dell'importo  di  un miliardo di lire,
 costringeva il  predetto  a  rendersi  garante  del  pagamento  delle
 fideiussioni  omnibus  rilasciate  dall'Offidani  e da altri verso il
 Credito Romagnolo, contestualmente rilasciando ipoteca su alcuni beni
 immobili di proprieta' di esso  Scarabicchi  e  della  G.T.  Srl,  in
 Bologna  e  in Genova (ove il 9 ottobre 1991 fu stipulata la cessione
 dell'ipoteca);
     che, quanto al presupposto richiesto dalla suprema Corte  per  la
 formazione  del  c.d.  giudicato  cautelare,  vale  a dire non essere
 mutata la situazione di fatto e di diritto, esso sussiste atteso  che
 sul  piano  processuale - come gia' accennato nella prima parte della
 motivazione - e'  tutt'ora  in  corso  l'udienza  preliminare  e,  in
 particolare,   non  si  e'  ancora  concluso  l'incidente  probatorio
 disposto dal gip che ha conferito perizia contabile, mentre in  punto
 di  diritto l'ordinanza del gip non fa riferimento a nuovi elementi o
 a nuovi  argomenti  riproponendo  nella  sostanza  il  contenuto  del
 precedente provvedimento;
     che,  in  considerazione  di  quanto  sopra  esposto, deve essere
 accolto  l'odierno   riesame   con   conseguente   annullamento   del
 provvedimento  di sequestro conservativo impugnato, essendosi formato
 un vincolo endoprocessuale sull'ordinanza di questo Collegio in  data
 12  giugno  1997, ostativo all'emissione di un nuovo provvedimento in
 mancanza di una modifica  della  situazione  di  fatto  esistente  al
 momento della pronuncia in sede di riesame;
     che,  tuttavia,  poiche'  in occasione del presente riesame, come
 sopra si e' specificato, non  si  era  proceduto  alla  comunicazione
 dell'odierna  udienza  al  difensore  di  parte civile in ossequio al
 citato  orientamento  della  Sezioni  Unite  laddove  e'  stato,  tra
 l'altro,  espressamente  affermato  il  principio che, per le udienze
 camerali relative ai provvedimenti cautelari reali,  l'art.  324  del
 codice   di  rito  prevede  esclusivamente  la  notifica  dell'avviso
 dell'udienza  di  riesame  al  difensore  (cio'  in  ogni   caso)   e
 all'indagato  soltanto  quando  lo stesso abbia proposto l'istanza di
 riesame - ed infatti,  pur  non  riferendosi  le  pronunce  citate  a
 fattispecie  di  sequestro  conservativo,  il  principio  di  diritto
 affermato  non  poteva  che  intendersi  nel  senso   dell'esclusione
 dell'avviso  dell'udienza  di  riesame alla parte offesa costituitasi
 parte civile e al  suo  difensore  posto  che  il  sequestro  di  cui
 all'art.  316  c.p.p.  rientra a pieno titolo tra le misure cautelari
 reali  -  sembra  a  questo  Collegio  che  cio'   abbia   comportato
 un'ingiustificata  compressione  del diritto di difesa spettante alla
 parte lesa costituita parte civile;
     che  in  altre  parole,  e'  opinione  di  questo Collegio che la
 attuale inevitabile connessione normativa tra l'art. 324  c.p.p.  (in
 tema  di  impugnazioni.  delle  misure  cautelari reali) e l'art. 318
 c.p.p.    (specificamente  riguardante  il  sequestro   conservativo)
 determini  forti  dubbi  sulla ragionevolezza del regime normativo in
 esame, appunto laddove esso deve intendersi esteso  (come  la  stessa
 suprema  Corte  sembra affermare) anche ai riesami proposti avverso i
 provvedimenti ex art. 316 c.p.p. i quali hanno  un  contenuto  ed  un
 fondamento  del  tutto  diverso da quelli che sorreggono il sequestro
 probatorio e quello preventivo;
     che, infatti, il sequestro conservativo e' istituto  proprio  del
 diritto  processuale  civile (artt 671 e segg. c.p.c.) - finalizzato,
 come noto, ad evitare che il creditore possa perdere la garanzia  del
 credito  da  lui  vantato - introdotto nel processo penale (si v.  la
 dizione del nuovo art. 316, 2 comma, c.p.p.) al fine di facilitare  e
 di  rendere  per quanto possibile piu' spedita la conservazione delle
 garanzie patrimoniali sui beni del debitore-imputato,  a  favore  del
 creditore costituito parte civile, ove esista un "fondato timore" che
 esse "manchino o si disperdano";
     che,  nel  caso  in esame, la parte civile ritualmente costituita
 nel processo - la quale, come si e' detto, aveva ottenuto dal gip con
 il parere favorevole del procedente, il  provvedimento  di  sequestro
 conservativo  -  in forza dell'esistente quadro normativo si e' visto
 negata la possibilita' di partecipare all'udienza odierna e,  quindi,
 di  proporre  al  Collegio  giudicante  gli  argomenti  a  favore del
 mantenimento della misura cautelare ottenuta;
   Rilevato:
     che il gip, in accoglimento  delle  richieste  del  difensore  di
 parte  civile e con il parere favorevole del richiamato il precedente
 provvedimento  di  questo  tribunale  che  annullava  un   precedente
 sequestro  conservativo  sugli  stessi  beni  "per  insussistenza del
 requisito del periculum in mora" ha ravvisato nel  caso  in  esame  i
 presupposti  per la concessione del provvedimento cautelare richiesto
 sia sotto  il  profilo  del  fumus  boni  iuris  (nei  confronti  dei
 proprietari dei beni vi e' stata richiesta di rinvio a giudizio ed e'
 in  corso  l'udienza  preliminare),  sia  sotto quello del menzionato
 periculum (assumendo che tra il credito vantato  dalla  parte  civile
 nei  confronti  degli  imputati  riguardante gli importi versati e le
 obbligazioni  assunte  per  l'acquisto   della   "RETEL   S.r.l."   -
 complessivamente  superiore  ai  3  miliardi e 200 milioni costituiti
 dalle somme versate per l'acquisto, da un assegno in garanzia e dalle
 fideiussioni verso la Cassa di  Risparmio  di  Ferrara  tenuto  conto
 degli  interessi e della rivalutazione monetaria su tale cifra - e il
 patrimonio degli imputati - "due immobili  con  annesso  box  ed  una
 quota  pari  a  1/4  di  un  altro  immobile" - vi e' "certamente una
 notevole sproporzione"  con  la  conseguenza  che  il  patrimonio  in
 questione  "non  puo'  essere  considerato sufficiente a garantire le
 obbligazioni derivanti dal reato..".);
     che il difensore dell'indagato, dopo avere eccepito la violazione
 del principio del  ne  bis  in  idem  cautelare,  non  essendo  stato
 impugnato  il  precedente  provvedimento  di  questo  tribunale e non
 essendo intervenuta modifica della situazione di fatto o  di  diritto
 posta a base della citata ordinanza, ha contestato la sussistenza del
 periculum in mora, con conseguente violazione dell'art. 316, comma 2,
 c.p.p., lamentando la mancata motivazione sul punto;
   Ritenuto:
     che  in  via preliminare e senza necessita' di entrare nel merito
 della decisione impugnata, puo' essere accolto  il  primo  motivo  di
 riesame  collegato  dalla difesa dell'odierno istante alla violazione
 da parte del  gip  del  principio  del  ne  bis  in  idem  in  ambito
 cautelare,  essendosi  fondatamente  sostenuto  che  il giudice della
 misura ha  emesso  un  provvedimento  di  identico  tenore  a  quello
 precedemente annullato e non impugnato, senza che nel frattempo fosse
 intervenuta  alcuna  modifica, della situazione di fatto o di diritto
 (si v. sul punto in materia di vincolo endoprocessuale, tra le altre,
 Cass., sez.  I, 14 maggio 1992, Benetton);
     che, infatti, da un  lato  e'  pacifico  che  ne'  il  p.m.  ne',
 ovviamente,  i difensori degli indagati hanno impugnato in Cassazione
 la precedente ordinanza di  accoglimento  del  riesame  proposto  nei
 riguardi  dell'iniziale  provvedimento  di sequestro conservativo, e,
 dall'altro, pur avendo la cancelleria di questo  tribunale  attestato
 che  l'ordinanza  emessa in data 12 giugno 1997 (con la quale appunto
 era  stato  annullato  il  provvedimento   del   gip   di   sequestro
 conservativo a carico degli imputati Giacomini e Canova) non e' stata
 notificata   al   difensore   della  parte  civile  (che  pure  aveva
 presenziato all'udienza ed  aveva  partecipato  alla  discussione  in
 camera  di  consiglio chiedendo la conferma dell'impugnato sequestro)
 avuto riguardo all'interpretazione che la Corte di cassazione (si  v.
 SS.UU.  20  novembre  1996, ric. P.M.   c. Bassi e SS.UU. 20 novembre
 1996, ric. D'Ambrosio) ha dato  in  materia  di  partecipazione  alle
 udienze   camerali   relative   ai   provvedimenti  cautelari  reali,
 l'impossibilita' per il  predetto  difensore  di  proporre  eventuale
 ricorso  avverso  una  decisione  a lui contraria non esercita alcuna
 influenza in punto formazione del giudicato cautelare  poiche',  come
 la  presenza  alla discussione della parte civile (e del suo legale),
 ai sensi di legge, non era necessaria ai fini della regolarita' della
 procedura,  cosi  neppure  vi   era   alcun   obbligo   di   notifica
 dell'ordinanza emessa da questo Collegio;
     che,  nell'impossibilita'  di  un'interpretazione adeguatrice del
 regime normativo costituito dagli artt. 318,  324  c.p.p.,  la  quale
 andrebbe  necessariamente  a  cozzare  con  il  principio  di diritto
 espresso a sezione unite dalla Corte di  cassazione,  ravvisa  questo
 tribunale   un   dubbio  sulla  costituzionalita'  (oltre  che  sulla
 razionalita') della normativa di cui sopra da sottoporsi  al  giudice
 delle  leggi  apparendo  violato il diritto di difesa (che ingloba in
 se' il  diritto  alla  tutela  della  pienezza  del  contraddittorio)
 sancito   dall'art.     24  della  Costituzione;  in  proposito  puo'
 aggiungersi che la violazione  del  principio  costituzionale  appare
 ulteriormente  evidente  se  si pone mente a quella giurisprudenza di
 legittimita' (si v. Cass., 9 ottobre 1992, cit.) secondo cui il  p.m.
 non  e'  legittimato  a  proporre  ricorso  avverso  l'ordinanza  del
 tribunale della liberta' che verte in tema di sequestro  conservativo
 richiesto   dalla   parte  civile  a  tutela  delle  proprie  ragioni
 creditorie.